giovedì 12 febbraio 2015

Riflessione sulla vocazione


Molte vocazione si bloccano e molti profeti si perdono perché quando arriva il secondo giorno del fallimento non riescono a capire che ciò che si è spento non è la loro vocazione, ma soltanto la loro interpretazione della vocazione. Pensavano che la Chiesa da ricostruire sia la Chiesa di San Damiano ad Assisi, di avere sposato un risorto, di dover fondare una nuova comunità carismatica. E invece, nella vocazione del secondo giorno qualche volta si riesce a capire che la Chiesa da riedificare era un’altra, di non avere trovato un risorto, ma un crocifisso perché tutte le volte che il crocifisso risorge viene di nuovo inchiodato su croci sempre nuove. E che solo di lì continuo a risorgere e soltanto lì può essere incontrato, abbracciato, sposato. Che ciò che dovevamo fondare era una semplice tenda mobile, dove ora possiamo finalmente imparare il mestiere del vivere e poi nell’ultimo giorno, imparare  a morire.  
I profeti continuano il loro canto quando nel giorno del fallimento riescono a comprendere che ciò che appariva come la grande sconfitta era soltanto il dono della libertà più grande, che non era lo scacco matto dell’esistenza, ma solo l’inizio di una nuova storia d’amore, la più bella: Così dice il Signore il Redentore d’Israele, il suo Santo, a Colui che è disprezzato, rifiutato  dalle nazioni  schiavo dei profeti.  "I re vedranno e si alzeranno in piedi". I principi si prostreranno "Giubilate o cieli, rallegrati o terra, gridate di gioia, o Monti"  (49:7,13).
Dal II simposio internazionale promosso dalla CIVCSVA 

Nessun commento:

Posta un commento