Molte
vocazione si bloccano e molti profeti si perdono perché quando arriva il
secondo giorno del fallimento non riescono a capire che ciò che si è spento non
è la loro vocazione, ma soltanto la loro interpretazione della vocazione. Pensavano
che la Chiesa da ricostruire sia la Chiesa di San Damiano ad Assisi, di avere
sposato un risorto, di dover fondare una nuova comunità carismatica. E invece,
nella vocazione del secondo giorno qualche volta si riesce a capire che la
Chiesa da riedificare era un’altra, di non avere trovato un risorto, ma un
crocifisso perché tutte le volte che il crocifisso risorge viene di nuovo inchiodato
su croci sempre nuove. E che solo di lì continuo a risorgere e soltanto lì può
essere incontrato, abbracciato, sposato. Che ciò che dovevamo fondare era una
semplice tenda mobile, dove ora possiamo finalmente imparare il mestiere del
vivere e poi nell’ultimo giorno, imparare a morire.
I profeti continuano il loro canto quando nel
giorno del fallimento riescono a comprendere che ciò che appariva come la
grande sconfitta era soltanto il dono della libertà più grande, che non era lo
scacco matto dell’esistenza, ma solo l’inizio di una nuova storia d’amore, la
più bella: Così dice il Signore il Redentore d’Israele, il suo Santo, a
Colui che è disprezzato, rifiutato dalle
nazioni schiavo dei profeti. "I re vedranno e si alzeranno in piedi". I
principi si prostreranno "Giubilate o cieli, rallegrati o terra, gridate di gioia,
o Monti" (49:7,13).
Dal II simposio internazionale promosso dalla CIVCSVA
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